Sarà trasmessa alla Corte Costituzionale per la questione di legittimità ma anche ai presidenti del Consiglio dei ministri, del Senato, della Camera dei Deputati, della Regione Siciliana e dell’Assemblea regionale siciliana la sentenza non definitiva, con valore di ordinanza, del Consiglio di giustizia amministrativa sul trasferimento e consegna al Comune di Augusta degli impianti idrici dal Consorzio Asi Siracusa realizzati nell’ambito dei lavori di urbanizzazione dell’agglomerato industriale “G2” di Augusta nonché dell’impianto di chiarificazione acque sito in contrada Mendola.
È quanto deciso dalla Camera di consiglio del Cga, che nelle scorse settimane che ha accolto il ricorso proposto dal Comune megarese, difeso dall’avvocato Domenica Oteri, contro il Consorzio Asi di Siracusa in liquidazione, riformando così la sentenza del Tar di Catania dell’ agosto 2023 che aveva dichiarato il precedente ricorso del Comune in parte irricevibile per tardività della notifica, in parte inammissibile per difetto di interesse per mancanza di contenuto provvedimentale.
La vicenda ruota al trasferimento temporaneo di alcuni impianti idrici della zona industriale dal Consorzio Asi al Comune megarese senza prevedere contestuali e adeguata risorse finanziarie in favore del Comune concessionario che aveva dichiarato l’indisponibilità a ricevere in consegna gli impianti “dal momento che, in evidente contrasto con il principio costituzionale di correlazione fra funzioni e risorse e con il principio di equilibrio dei bilanci pubblici, risulterebbe impossibile la gestione degli impianti stessi da parte di questo ente in conformità al parametro del buon andamento nel rispetto dell’autonomia finanziaria e dell’equilibrio del proprio bilanci”. Nonostante ciò il commissario liquidatore del Consorzio Asi di Siracusa aveva redatto il verbale di consegna del 24 maggio 2022 con cui provvedeva unilateralmente alla consegna degli impianti.
I magistrati di Palermo hanno dato ragione al Comune di Augusta che, impugnando la sentenza del Tar, aveva lamentato l’erroneità della pronuncia di parziale irricevibilità e di parziale inammissibilità del ricorso di primo grado, riproponendo i motivi dedotti in primo grado ed insistendo nella questione di costituzionalità della legge regionale 8/2012, per contrasto con l’articolo 119 della Costituzione, laddove la norma regionale ha previsto il trasferimento in concessione d’uso temporaneo degli impianti idrici, fognari e depurativi, di proprietà dei Consorzi Asi in liquidazione, al Comune nel cui territorio è ubicato l’impianto di depurazione, senza la contestuale assegnazione, in favore del medesimo Comune, delle risorse economiche necessarie per fronteggiare le spese della gestione del servizio idrico, fognario e depurativo.
Il Collegio ha cosi dichiarato il ricorso di primo grado tempestivo e ammissibile relativamente ai tempi di presentazione, sostenendo che ad essere impugnato doveva essere il verbale di consegna del 24 maggio 2022, così come bene ha fatto l’Ente e ha ritenuto rilevante e fondata la questione di legittimità costituzionale: infatti l’articolo 19 della legge 8/2012 prevede che, in assenza della società di scopo a prevalente capitale pubblico “i commissari liquidatori possono trasferire in concessione d’uso temporaneo gli impianti idrici, fognari e depurativi di proprietà dei Consorzi per le Aree di sviluppo industriale in liquidazione, prioritariamente al comune nel cui territorio è ubicato l’impianto di depurazione o al Comune che risulti maggior utilizzatore del relativo impianto, purché quanto da trasferire non sia oggetto di sequestro penale ad eccezione degli impianti che trattino prevalentemente o esclusivamente reflui di origine industriale”.
“A tale disposizione non si è accompagnata una previsione derogatoria rispetto agli obblighi di custodia e manutenzione degli impianti idrici e fognari. Ne consegue, ad avviso del Collegio, che – si legge nella sentenza- l’articolo 19 presenta rilevanti dubbi di compatibilità con l’articolo 119 della Costituzione, nonché con l’articolo 15 dello statuto della Regione siciliana”.
Nel nostro ordinamento vige il principio di autonomia finanziaria dei Comuni, espressamente declinato sia dall’articolo 119 Costituzione sia dall’articolo 15, secondo comma, dello stato della Regione statuto, secondo cui “l’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”.
“Uno dei principali corollari di tale principio è quello secondo cui, ad ogni trasferimento di funzioni ad un ente territoriale, deve corrispondere un adeguato trasferimento (o un’attribuzione) di risorse economico-finanziarie per farvi fronte – prosegue la sentenza- Il primo comma dell’articolo 119 della Costituzione stabilisce che: “i Comuni … hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa” ed il successivo quarto comma che “le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni … di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite”. Tali principi costituzionali, nel caso di specie, appaiono essere stati disattesi dal legislatore regionale”.
In sostanza, il Collegio ritiene che l’introduzione, mediante legge regionale, di un congegno atto ad incidere sui richiamati principi potrebbe costituire una “rottura” dell’ordinario assetto delle competenze legislative stabilite dalla Costituzione e determina una eccessiva compressione dell’autonomia finanziaria degli enti locali comunali. Da qui la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla cancelleria della Corte Costituzionale per la questione di legittimità costituzionale.
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