Legittima la concessione di un’area del demanio marittimo dentro il porto commerciale per stoccare e movimentare rottami ferrosi, tondino e billette di ferro, Hbi e merce varia rilasciata dall’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale alla Sepamar srl. Lo ha deciso la terza sezione del Tar di Catania che ha respinto il ricorso di un altro operatore portuale, Liberty maritime srl, contro l’ Adsp e nei confronti dell’International Terminal cereal Augusta srl, non costituita in giudizio e della Sepamar costituita, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle controparti costituite, che ha liquidato in 1.500 euro, oltre oneri di legge in favore dell’ Adsp e in latri 1.500, oltre oneri di legge, in favore di Sepamar srl.
Con due istanze del 2017 e del 2018, la ricorrente aveva chiesto in concessione, un’area all’interno del porto di Augusta per lo stoccaggio e la movimentazione di rotami ferrosi, tondino e billette di ferro, Hbi e merce varia; nelle more del procedimento un’ altra ditta (Itca srl) aveva chiesto in concessione della stessa area demaniale, quindi, l’Autorità aveva avviato il procedimento in concorrenza, chiedendo la documentazione alla ricorrente. Aveva altresì revocato il regolamento d’uso delle aree demaniali marittime dei porti di Augusta e Catania, prevedendo di applicare ai procedimenti pendenti la disciplina contenuta nella legge n 84/1994. Decisione questa contestata dalla ricorrente, che aveva preannunciato l’intenzione di costituire un raggruppamento temporaneo con la Hadid Mediterranean ports srl, impresa portuale, per poter continuare a partecipare al procedimento per il rilascio della concessione demaniale marittima. L’applicazione della legge 84/1994, avrebbe comportato, infatti, oneri più gravosi a carico dei richiedenti richiedendo requisiti soggettivi più specifici e stringenti, sostanzialmente escludenti la Liberty Maritime, sottolineano i giudici.
A febbraio dell’anno scorso l’ Autorità portuale aveva riscontrato negativamente l’istanza della ricorrente, che aveva fatto così ricorso al tribunale amministrativo ipotizzando violazioni di legge che, però, non sono state riscontrate dai giudici della Camera di consiglio del Tar, presieduta da Aurora Lento e composta da Valeria Ventura e Francesco Fichera, che si sono riuniti a dicembre scorso e hanno rigettato il ricorso introduttivo, dichiarando improcedibile il ricorso per motivi aggiunti.
Nel sottolineare che le concessioni demaniali per l’espletamento di operazioni portuali possono essere rilasciate, per legge, solo ed esclusivamente in favore di imprese che hanno già ottenuto uno specifico titolo autorizzatorio il cui rilascio presuppone la verifica del possesso degli stringenti requisiti tecnici ed economico-finanziari, per il Collegio “del tutto legittimamente l’Autorità di sistema portuale, con la nota dell’11.1.2023, ha richiesto alla ricorrente la documentazione prevista ed, altrettanto legittimamente, ha ritenuto di fare immediata applicazione della fonte normativa di rango primario, in ossequio ai fondamentali principi di legalità e di gerarchia delle fonti del diritto. Ne consegue che – si legge nella sentenza- nessuna violazione del principio di non aggravamento del procedimento, nè dei principi di affidamento e buona fede è ravvisabile nella fattispecie in esame”.
Inoltre, annotano i magistrati, che a fronte di un regolamento ritenuto invalido in quanto in contrasto con la norma giuridica di rango primario, l’amministrazione resistente “ha fatto corretta applicazione dei propri poteri di ritiro in autotutela, revocando (rectius annullando) il regolamento illegittimo. Ne consegue la legittimità anche del provvedimento del 28.10.2022”.
Non merita accoglimento, ad avviso del Collegio, nemmeno il terzo motivo di ricorso con cui la ricorrente ha lamentato l’illegittimità, per contrarietà ai principi eurounitari di tutela della concorrenza ed illogicità, della nota dell’Autorità di sistema portuale con la quale è stata negata alla ricorrente la possibilità di partecipare alla procedura, già avvitata, mediante la costituzione di un raggruppamento temporaneo di imprese. Ritiene il Collegio che “l’amministrazione abbia legittimamente rigettato l’istanza avanzata dalla ricorrente, la quale, se accolta, avrebbe determinato un sostanziale mutamento del soggetto partecipante alla procedura, in violazione degli obblighi di trasparenza, imparzialità e par condicio cui è sottoposto il procedimento di selezione fra istanze in comparazione, già presentate dalle imprese contendenti”.
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