Il tratto di mare “da 200 metri a sud dello scarico fognario di Brucoli a Punta Tonnara” inserito dalla Regione e dal Comune tra quelli non adibiti alla balneazione in quanto “zona portuale e scarichi fognari” è balneabile. Lo ha stabilito in via definitiva, nell’udienza del 3 settembre, il Cga di Palermo che ha sostanzialmente confermato quanto già deciso due mesi prima quando, con decreto del presidente, aveva disposto la sospensione in via cautelare sia dell’ordinanza cautelare del Tar Catania che, invece, non aveva concesso la sospensiva, che dell’efficacia del decreto assessoriale dell’assessorato della Salute per la Regione siciliana, che definiva il tratto di mare non balneabile. Anche quest’anno, dunque, come già nel 2022 e nel 2023 i giudici hanno annullato il divieto di balneazione in quel tratto di mare accogliendo il ricorso proposto dalla società Immobiliare al Duomo srl e da 8 privati, ognuno dei quali sarà refuso con 500 euro, con la sentenza il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha, infatti, anche condannato le parti appellate (Comune, anche se non in questa fase di giudizio, e Regione), in solido e in parti uguali, a rifondere le spese del doppio grado del giudizio cautelare.
Nel giudizio di secondo grado si sottolinea, dunque, che è stato impugnato un divieto di balneazione per 2024 analogo a quelli già imposti, sullo stesso tratto di mare, nel 2022 e 2023 ed è emerso dall’istruttoria svolta che nulla è cambiato rispetto alla situazione allora in essere; inoltre l’analogo divieto per il 2022 era stato già sospeso dal Cga nel luglio 2022 e poi annullato dal giudice di primo grado a marzo 2023, passato in giudicato perché non appellato, mentre quello relativo al 2023 è stato annullato in prime cure con sentenza 28 dicembre 2023, (che non risulta appellata).
Pertanto “la reiterazione per l’anno 2024 di un provvedimento sostanzialmente identico a quelli del 2022 e 2023, già annullati, senza che l’amministrazione si sia fatta carico di adeguatamente confutare (ove ciò sia davvero possibile) le ragioni accolte dal giudice amministrativo sembra costituire un sintomo non secondario del vizio di eccesso di potere nel provvedimento gravato– si legge- peraltro in una situazione in cui, quanto agli eventuali esiti peculiari dell’attività istruttoria svolta in prime cure, la decisione cautelare qui appellata sembra non essere stata assunta nel pieno rispetto dei termini processuali (per aver preso in considerazione un documento su cui le parti sono state private della facoltà di correttamente interloquire) né, dunque, del contraddittorio e del connesso diritto di difesa della parte istante (condizione ex se problematica per la conferma del gravato diniego di tutela cautelare)”.
Per i giudici di Palermo, dunque, “sembrano allo stato sussistere entrambe le condizioni dell’azione cautelare da ravvisare, appunto, sia in un qualificato periculum in mora (possibile danno ndr), sia in un adeguato fumus boni iuris (apparenza di buon diritto ndr)”.
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