Dovrà essere demolito il muretto di recinzione del lotto di terreno privato che si trova sopra la spiaggetta di Brucoli, realizzato 4 anni fa “in violazione del divieto di edificabilità assoluta dei 150 metri dalla battigia” e “munito di autorizzazioni o nulla osta della Soprintendenza non più attuali”.
La prima sezione del Tribunale amministrativo regionale di Catania ha rigettato il ricorso del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Yachting club servizi turistici siciliani, proprietaria dell’area su cui è stato realizzato il muretto, contro il Comune di Augusta per l’annullamento del provvedimento del IV settore Pianificazione territoriale del 2019 che annullava gli effetti della comunicazione inizio lavori del 2019 e dell’ ordinanza dell’anno successivo che ordinava alla ricorrente la demolizione del muretto di recinzione del proprio fondo e il ripristino dello stato dei luoghi, ingiungendo il pagamento della sanzione di 516 euro.
La vicenda, che fece clamore e che portò anche a pubbliche proteste da parte dei residenti di Brucoli che si costituirono in comitato, risale al 2019 quando la società inviò al Comune una Cila (comunicazione inizio lavori) per la realizzazione della recinzione del lotto mediante un muro in pietra, dell’altezza di 50 centimetri, con soprastante rete metallica di 1 metro. La ricorrente afferma che l’opera era già stata assentita precedentemente dall’Agenzia delle Dogane di Siracusa, dalla Soprintendenza ai Beni culturali sezione archeologica e beni paesistici e anche il Comune di Augusta avrebbe assentito l’intervento come da autorizzazione urbanistica e con ulteriore provvedimento, emesso il 6 luglio 2015 che ne condizionava l’esecuzione all’acquisizione preventiva dell’autorizzazione del Demanio marittimo, quest’ultima rilasciata poi con nota del novembre 2016.
A giugno 2019 il Comune comunicava alla richiedente l’avvio del procedimento di annullamento degli effetti della Cila, rilevando la carenza di idonea documentazione attestante la proprietà o il possesso del bene oggetto di lavori, che la ricorrente -nel frattempo subentrata al precedente proprietario- replicava sussistere con apposita nota. Tra le nuove motivazioni addotte dal Comune vi era anche il fatto che le autorizzazioni della Sovrintendenza ai Beni culturali di Siracusa erano scadute e confliggevano con il Piano paesistico della provincia di Siracusa, adottato successivamente. Mancavano inoltre, la Vinca, la comunicazione al Genio civile, essendo l’aerea sottoposta a vincolo sismico e non c’era corrispondenza della documentazione catastale esibita in atti con la Cila con quanto risultante all’Agenzia del Territorio catasto terreni di Siracusa, oltre al fatto che l’ area era libera al transito e alla sosta di veicoli da oltre trent’anni.
Secondo il Comune il lotto di terreno confinante con il limite demaniale, ricade entro i 150 metri lineari dal mare e, nel vigente Prg, in area archeologica non delimitata, in area soggetta a vincolo paesaggistico ed archeologico, per circa il 75% livello di tutela 1- e per la restante parte livello di tutela 2- e pertanto soggetto alle prescrizioni della Soprintendenza ai Beni culturali ed ambientali di Siracusa; l’area prospiciente il litorale marino prossima al lotto di terreno è stata classificata come area Sic-Zps e richiamato l’articolo 3 della legge 16 del 2016 il quale, relativamente alle zone SIC, ZSC e ZPS, prevede una fascia di influenza che si estende per una larghezza di 200 metri lineari, nella quale è ricompreso il lotto di terreno (nelle aree sopra citate gli interventi sono subordinati all’acquisizione e validazione di specifica Vinca, non presente in atti).
Tesi queste contestate dalla proprietà secondo la quale la recinzione costituirebbe opera di edilizia libera e il termine di efficacia delle autorizzazioni rilasciate dalla Soprintendenza nel 2012, per effetto della proroga di tre anni, scadeva nel 2020. “Inoltre l’asserita potenziale difformità delle autorizzazioni rilasciate con il piano paesaggistico adottato successivamente dalla Provincia di Siracusa, sarebbe affermazione del tutto generica, che, in carenza di specifica disposizione non produrrebbe alcun effetto sui precedenti atti di assenso della Soprintendenza; la VincA non sarebbe stata necessaria, essendo la fattispecie disciplinata dall’articolo 6 “Attività edilizia libera” del decreto del presidente della Repubblica 6 giugno 2001 né era necessaria alcuna comunicazione al Genio civile. Quanto al titolo di proprietà, alla Cila era stato allegato l’estratto di mappa rilasciato dall’Agenzia delle Entrate il 13.2.2019, l’area non è destinata ad uso pubblico e il lotto di terreno in oggetto, ricade secondo il Prg vigente, approvato con decreto assessoriale del 17/10/1975 in zona E, sottozona E/1 classificate come zone: “agricole” dove non è prevista alcuna destinazione pubblica”.
Per i giudici etnei il Comune ha esercitato correttamente il potere di controllo edilizio ed urbanistico, “poiché – si legge nella sentenza- l’Ente ha ritenuto non sussistenti le condizioni che abilitavano la proprietaria del terreno in esame alla realizzazione della recinzione oggetto della Cila; il provvedimento con il quale l’Ente comunica di aver “annullato” gli effetti della Cila altro non è che una comunicazione indirizzata al privato che lo avvisa che l’opera che intende realizzare non è conforme ai parametri edilizi (e, nel caso di specie, urbanistici e vincolistici) dell’area”.
Nel caso di specie, “ogni questione dedotta dalla parte ricorrente è sostanzialmente inidonea a sostenere l’azione di annullamento perché non è impugnato uno dei profili motivazionali dell’atto, mediante il quale il Comune rileva che la recinzione è realizzata entro la fascia dei 150 metri dalla battigia (e quindi in violazione del combinato disposto dell’articolo 23 della legge regionale 10 agosto 1985, 37 con l’articolo 15, comma 1, lett. a), della legge regionale 12 giugno 1976, 78). Già solo questa motivazione – sottolinea ancora il Tar- sarebbe suscettibile di sostenere, da sola, il provvedimento di inefficacia della Cila ed il conseguente ordine di demolizione”.
Inoltre per i giudici è vero che i pareri della Soprintendenza sono riferiti a progetti esaminati sulla base del regime vincolistico operante al momento della loro adozione, cioè nel 2012 e “non è dato poter desumere, ex post, se il suo contenuto sarebbe stato eguale laddove la Soprintendenza ne avesse esaminato i presupposti alla luce della sopravvenuta pianificazione; ciò che rende del tutto recessiva la censura in ordine alla perdurante efficacia delle autorizzazioni”.
A conferma di ciò, si rileva che la stessa ricorrente chiedeva una nuova valutazione della Soprintendenza per le opere di completamento del lotto di recinzione, e la Soprintendenza a dicembre 2019, rilevava proprio che l’area ricade all’interno dell’area di interesse archeologico 14 del Piano territoriale provinciale della Provincia di Siracusa denominata “Brucoli Gisira”; e che a seguito dei sopralluoghi è emersa “la presenza nell’area della particella n. 242 di buche di palo ascrivibili all’età preistorica e di due tombe a fossa scavate nella roccia”; ed assentiva un parere favorevole di massima a condizione che “la recinzione sia costituita da un diaframma leggero che non frapponga ostacoli visivi alla percezione del fiordo del Canale di Brucoli, incassato tra le pareti di roccia…La recinzione, pertanto dovrà escludere la muratura anche del tipo a secco e rete. A tal fine, la scrivente potrà prendere in considerazione la realizzazione di un diaframma leggero costituito da paletti in ghisa e catena metallica”.
“Si conferma, pertanto, che l’opera di cui alla Cila era in violazione del divieto di edificabilità assoluta dei 150 metri dalla battigia (circostanza non oggetto di censura) e munita di autorizzazioni o nulla osta della Soprintendenza non più attuali” – si legge ancora e dunque, il ricorso per motivi aggiunti (con il quale viene impugnata l’ordinanza di riduzione in pristino) “è infondato (in quanto il completamento dell’opera di recinzione è intervenuto sicuramente senza titolo alcuno)”.
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