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Augusta, naufragio del 18 aprile 2015: un sopravvissuto ricorda la strage di migranti davanti al relitto del barcone

Sekou Diabagate ha partecipato alla commemorazione di ieri a cura del Comitato 18 aprile in occasione del decennale

Nel 2015 aveva 23 anni Sekou Diabagate quando si imbarcò in quel peschereccio “della speranza” che poi naufragò nel Canale di Sicilia, portando con sé  a picco oltre mille migranti in una delle più grandi tragedie umanitarie dell’immigrazione. E’ uno dei 28 sopravvissuti di quel naufragio e ieri, a  distanza di dieci anni, è tornato davanti al  relitto che nel 2016 è stato recuperato dal fondo del mare per volontà del Governo  e dal 2021 si trova all’interno della nuova darsena di Augusta   per essere inserito all’interno del Giardino della memoria.

E il pensiero, commosso,  è andato ai tanti con cui ha viaggiato e che non ce l’hanno fatta,  in particolare ad un ragazzo con cui stava affrontando la traversata: “eravamo insieme in acqua, per un po’ ci siamo tenuti  con la mano ma alla fine lui  aveva difficoltà a nuotare  e l’ho perso” – ha ricordato ripensando a quei momenti drammatici quando il silenzio veniva squarciato dalle urla disperate di chi era finito in mare e cercava un aiuto. L’uomo, che oggi  vive  a Saronno anni, con la moglie e una bimba  di tre anni, e fa l’autista di furgoni ha ricordato anche l’esperienza, dura, del dopo sbarco,  l’accoglienza   al Cara di Mineo di Catania, le difficoltà per avere permessi e autorizzazioni, il trasferimento  in Puglia, a Lecce dove ancora oggi tanti migranti raccolgono ortaggi nei campi, e dove è rimasto sei mesi in attesa di un permesso umanitario che alla fine è stato rilasciato, con problematiche varie per rinnovi e scadenze e  le tante difficoltà burocratiche.

Ha ringraziato dell’accoglienza ricevuta ad Augusta e di come ieri, con una  cerimonia semplice, è stata commemorata quella tragedia da parte del Comitato 18 aprile che ha deposto dei fiori ai piedi del barcone, “come segno del nostro cuore donato”- ha sottolineato padre Giuseppe Mazzotta componente del comitato.

In oltre mille migrati morirono perché “non gli fu concesso di venire in altro modo, mentre noi invece ci possiamo spostare e viaggiamo in maniera sicura. Queste persone sono morte in mare ma non per colpa del mare, ma perchè non potevano venire liberamente – ha sottolineato Giorgia Mirto, ricercatrice della Columbia University e attivista per i diritti umani- Siamo qui oggi per commemorare ma anche per rinnovare un senso di responsabilità collettiva e di lotta perchè queste tragedie non accadano più. Anche se continuano ad accadere come dimostra la strage di Cutro o altre tragedie per mancati o ritardati soccorsi, respingimenti e chissà quante altre stragi neanche conosciamo”.

 “Commemoriamo questo decimo anniversario della strage chiedendo  che questo simbolo, come dice papa Francesco, deve continuare a parlare alle nostre coscienze sia preservato e resti un  monito per i potenti affinchè si cambino le condizioni per cui le persone sono costrette ad abbandonare il loro paese. – ha detto Enzo Parisi, vicepresidente- E vogliamo che questo  simbolo sia tutelato in maniera adeguata, in un’area in cui ci sia libero accesso, in un giardino della memoria dove le persone che vogliono possono andare liberamente per una preghiera e una riflessione. Questa collocazione tra pannelli fotovoltaici, ponteggi e parcheggi di auto fino sotto il barcone non ci sembra che sia quello che avevamo auspicato e quello per cui la mozione votata in consiglio comunale voleva essere. Un giardino della memoria dove, oltre ai fiori, devono crescere le speranze di ognuno di noi”.

Il vicepresidente del comitato ha, inoltre, ringraziato il presidente Sergio Mattarella che  ieri  ha ricordato che “dieci anni or sono nel Canale di Sicilia si consumò un’immane tragedia del mare, tra le più terribili che si ricordano nel Mediterraneo. I migranti morti e dispersi raggiunsero numeri spaventosi. Fra le vittime anche decine di bambini. Erano persone che disperatamente cercavano una vita migliore, fuggendo da guerre, persecuzioni, miseria. Persone finite nelle mani di organizzazioni criminali, che li hanno crudelmente abbandonati nel pericolo. La Repubblica italiana ricorda quelle tante donne e tanti uomini, molti destinati a restare senza nome. È la nostra civiltà a impedirci di voltare le spalle, di restare indifferenti, di smarrire quel sentimento di umanità che è radice dei nostri valori”.

Nel fare memoria di quanto accaduto Mattarella ha rinnovato l’apprezzamento per l’opera di soccorso da parte delle navi italiane che “sono riuscite, in condizioni estreme, a salvare vite, rispettando quanto impone la legge del mare. I movimenti migratori vanno governati e l’Unione Europea deve esprimere il massimo impegno in questo senso. Il necessario contrasto all’illegalità, la lotta alla criminalità, si nutrono della predisposizione di canali e modalità di immigrazione legali che, con coerenza, esprimano rispetto nei confronti della vita umana”.


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